Di fronte a un Oceano di Saggezza – Parte II
Lo aspettiamo nella sala di preghiera del Monastero Gyumed, seduti in silenzio, con il cuore che batte più forte a ogni minuto che passa. L’atmosfera cambia improvvisamente: cala un silenzio profondo, come se tutti trattenessero il respiro. È come un’onda che si propaga e ci attraversa. Sta arrivando. Lo percepiamo prima ancora di vederlo.
E poi, eccolo. Sua Santità il XIV Dalai Lama compare sulla soglia, sorretto da due monaci che lo aiutano a camminare — ma sembra quasi che non ne abbia davvero bisogno. Ogni due passi si gira, a sinistra e a destra, elargendo sorrisi e benedizioni, cercando lo sguardo di ciascuno. La sua presenza è potente ma lieve, come se fosse sospeso tra terra e cielo. Un’icona vivente di pace, di resistenza. Un uomo che ha fatto la Storia, che ha attraversato la sofferenza con il cuore sereno.
L’emozione è infinita. Il cuore batte forte. Mi sembra incredibile, forse un sogno. Dopo una breve puja, Sua Santità si ritira per meditare, e anche noi rimaniamo in silenzio, seduti, con il respiro lento e la mente piena.
L’interno del Monastero Gyudmed durante la preghiera di lunga vita rivolta a Sua Santità
Il giorno dopo ci svegliamo presto. Il cielo è ancora scuro, l’aria è fresca, la foresta intorno a noi vibra dei rumori notturni che ancora non si sono spenti. Ci rechiamo nuovamente nella sala di preghiera, dove i monaci ci dicono che presto verremo ricevuti da Sua Santità per un breve colloquio privato.
Prima di noi ci sono altri visitatori. Dall’anticamera li vediamo inginocchiati mentre ascoltano le sue parole, ma noi non riusciamo né a vederlo né a sentirlo. L’attesa si fa densa, quasi fisica. L’atmosfera è carica di solennità. Enrica, che insieme a me rappresenta Wisedāna Foundation in questo incredibile viaggio, mi guarda e sembra un po’ preoccupata: forse pensa che il mio cuore stia per esplodere. E forse ha ragione.
Poi, finalmente, veniamo ammessi al colloquio. Entriamo nella stanza, Sua Santità è seduto. Tutti insieme ci inchiniamo tre volte ai suoi piedi. Poi, uno dopo l’altro ci inginocchiamo davanti a lui. Si sporge, ci abbraccia, ci guarda negli occhi, ci tiene la mano, ci sorride. Ci benedice. Gli occhi ci si riempiono di lacrime. Anche ora, mentre scrivo, tornano a riempirsi. È un’emozione che va oltre ogni parola. Qualcosa di trascendentale.
Appena entrata nella stanza, mi inginocchio in segno di rispetto e ricevo la benedizione di Sua Santità
Io, Enrica e le poche altre persone che sono entrate con noi ci sediamo tutti in semicerchio, ai suoi piedi, profondamente emozionati e pronti ad ascoltare. Lui inizia a parlare.
La sua voce è calda, limpida, stabile: «Ogni mattina mi sveglio e penso a tutti gli esseri senzienti».
È come una secchiata d’acqua gelida. La sua voce, per la prima volta, entra nelle mie orecchie e nel mio cuore, e porta con sé le parole più belle che io abbia mai sentito. In quell’istante comprendo con chiarezza profonda che lui è la Guida. L’Ispirazione.
Continua: «Praticare il buddhismo, anche solo un po’, è di immenso beneficio per sé stessi e per gli altri. Aiuta nelle situazioni difficili. L’esilio dal Tibet è stato un dramma, ma se non fosse avvenuto non avrei potuto parlare con così tante persone nel mondo.»
Ogni cosa è interconnessa. Con poche parole mi sta donando un insegnamento preziosissimo sull’interdipendenza. Sta spiegando come anche il dolore, se vissuto con saggezza, può aprire strade inimmaginabili.
«La notte in cui sono scappato da Lhasa è stata drammatica. Siamo dovuti fuggire in fretta e di nascosto perché in città c’era una sommossa. A cavallo siamo arrivati fino a un punto molto lontano dalla città, da cui però riuscivamo ancora a vederla. Ci siamo fermati. Mi sono girato e ho guardato Lhasa da lontano, sapendo che non l’avrei mai più rivista. L’ho salutata con il cuore sereno.»
Sta raccontando uno dei momenti più importanti della sua vita, della storia del Tibet, della nostra storia. E lo fa con semplicità, con grazia. Ci sta dicendo che è possibile affrontare la realtà con serenità, non importa quanto sia dolorosa. Abbiamo infinite risorse dentro di noi. Ci parla di compassione, di non-odio, di forza gentile.
E poi dice: «Non importa quanto le cose siano difficili. Non dovete preoccuparvi. Continuate.»
Sento che quelle parole sono per me, per noi. Un invito a vivere con coraggio, con calma, con determinazione. Un invito a continuare, anche quando è difficile. Anche quando la frustrazione e la fatica si fanno sentire. È un invito a dedicarci agli altri. A non cedere.
Non ci dice di cambiare il mondo, non parla di imprese straordinarie. Dice semplicemente continuate. E dentro quel verbo c’è tutto: la fatica e la fede, la dedizione e la fiducia, il dolore e la speranza. Io lo sento come un messaggio personale, ma anche come una consegna collettiva. È come se avesse tracciato una linea chiara tra il passato e il futuro, e ci stesse chiedendo – con infinita gentilezza – di camminare su quel sentiero con coraggio, giorno dopo giorno.
Enrica inginocchiata di fronte a Sua Santità, che la accoglie e la benedice
Mi guardo intorno. Siamo insieme nella stanza, ma ognuno è con la propria emozione. Ascoltiamo tutti le stesse parole, ma più tardi confrontandoci scopriremo che a ognuno di noi è arrivato un messaggio leggermente diverso, proprio perché abbiamo ascoltato parole profonde e piene di significato. Per me è un momento di verità: capisco che questa via, che abbiamo scelto quasi in punta di piedi, è profondamente giusta. Non perché facile o perfetta, ma perché nasce da un’intenzione limpida. Sento che la nostra missione ha un senso radicale, anche se silenzioso. È un modo per rispondere alla sofferenza senza indurirsi, per restare aperti, vivi. Sento, in quest’istante, che la nostra missione è qualcosa di silenziosamente rivoluzionario, qualcosa che non potrebbe essere altro. Un cammino necessario, inevitabile, pieno di senso.
Mi sento commossa, grata. Il mio cuore è pieno di gioia. E so che, da questo momento in poi, nulla sarà più come prima.
…
L’inizio del racconto di Beatrice è stato pubblicato ad aprile 2025: puoi leggerlo QUI
Crediti foto: The Office of His Holiness the Dalai Lama
Testo a cura di Beatrice Marzi
Revisione editoriale a cura di Marta Turchetta